Roberta Vanali – Exibart – aprile 2007


Zimmerfrei

Uno scorcio della spiaggia di Berchida, ripreso con camera fissa, scandisce il tempo che scorre inesorabilmente. Dall’alba al tramonto di una giornata primaverile – sotto un cielo cangiante, talvolta minaccioso – la luce trasfigura gli scogli e rivela un mare agitato, che avanza ritmicamente divorando la sabbia. All’uso dell’accelerazione si affianca la ripresa su un unico piano sequenza, per una panoramica a 360°, dove di tanto in tanto figure stranianti invadono l’inquadratura, inconsapevoli. Dall’uomo che conficca una pala nella sabbia alla donna intenta a scavare una buca, al cane che scorrazza fino ad un gruppo di cacciatori impegnati in una irreale battuta di caccia. La colonna sonora di una cover di By this river di Brian Eno accosta situazioni non sense, dall’evocazione visionaria e solo in apparenza familiari. Why we came è il titolo impresso al cortometraggio dal collettivo bolognese Zimmerfrei – all’anagrafe Massimo Carozzi, Anna de Manincor e Anna Rispoli – giunti in Sardegna lo scorso anno alla ricerca di una location dove ambientare il proprio lavoro. Colpiti dall’atmosfera sospesa e surreale hanno optato per la costa orientale che da Orosei si estende fino a Siniscola e dove sono ritornati quest’anno per completare il progetto Site specific, con l’apporto di un workshop che ha avuto luogo al Man tra il 12 e il 13 marzo.
Provenienti da diversi ambiti espressivi, quali cinema, musica ed attività performativa, i componenti del collettivo ambiscono alla realizzazione di un’opera che non faccia capo all’arte in sè, evitandone, quindi, la mercificazione – bensì puntano sulla seduzione dell’immagine che persiste indelebile nella memoria dello spettatore. Attraverso la massima libertà espressiva, s’inseriscono nel labile confine tra realtà e finzione indagando e destrutturando la dimensione spazio-temporale che viene completamente reinventata. La sensazione di straniamento, il confluire in dimensioni parallele, il ciclo irreversibile di trasformazione e l’ossessiva accelerazione del tempo, che interrompe la narrazione lineare, sono alla base della poetica del collettivo che pare assorbire gli echi del cinema sperimentale e “primitivo” di Wharol.
In mostra, presso gli spazi dell’ex tribunale, Shooting Test, serie di due video – che si presenta come una sorta di appunti per la realizzazione di un film – che rimbalzano da uno schermo all’altro in attesa dell’irruzione dell’elemento di disturbo, come in Third take dove un gruppo si scout spezza repentinamente il silenzio della valle. Mentre Controfigura, girato tra le cumbessias (casupole destinate al ricovero dei pellegrini) del santuario di Sant’Antonio ad Orosei, si concretizza come lo spaccato di uno “spazio altro”, un’eterotopia all’interno di un sito già profondamente alieno. Completano l’esposizione una serie di novanta diapositive in sequenza di paesaggi e momenti di vita quotidiana nell’isola – documentando il lungo peregrinare per la scelta della location – tre fotogrammi estrapolati da Why we came e Trailer, frutto del laboratorio diretto dal collettivo e realizzato da quindici giovani sardi per un film immaginario da ambientare prossimamente in Sardegna.

Roberta Vanali