Massimo Marino – Quattro storie, una saga

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Massimo Marino – Quattro storie, una saga – Il Corriere della Sera / Bologna, 6 dicembre 2020

È un bel film, con protagonisti bellissimi. Sono alcuni adolescenti e una ragazzina di una decina di anni. Sono bolognesi e africani che vivono a Bologna. “Saga” – una creazione ZimmerFrei per «Atlas of Transitions», la rassegna sulle migrazioni curata da Piersandra Di Matteo per ERT – è un viaggio in quattro episodi nella nostra città, partendo dal cuore pulsante di piazza Maggiore, verso le case, le periferie, il centro, i tetti… Ci restituisce una Bologna che molti di noi conoscono poco: giovane, piena di tensioni, di storie, anche drammatiche, di sogni. Come quello di Yakub, nigeriano che ha varcato deserto e mare e ora abita con tre ragazze italiane più grandi, grazie al progetto Vesta del Comune. Lo vediamo in movimento tra strade e portici, sui gradini wi-fi di Salaborsa, steso in piazza con Tea, bolognese, a guardare il cielo dopo “Sotto le stelle del cinema”. Lo seguiamo al lavoro, lo troviamo a cena e poi sul suo letto, mentre ricorda la sua terra, il viaggio verso l’Italia, mentre traduce in italiano un proverbio: «Noi siamo la conseguenza delle scelte che facciamo». Lo ripete nella sua lingua, e si blocca: «…la mia lingua…». È un momento emozionate: la cinepresa fa vedere, sul suo volto immobile, tutta la vita che gli è trascorsa alle spalle in soli 17 anni. Poi continua, un telefonino interrompe il racconto: la vita continua.

Si intitola “Camminare” questo episodio. Nel secondo, “Partire”, l’attenzione si sposta su Tea, in procinto di andare a studiare all’estero. La vediamo a scuola, in casa, con la madre che prepara tutti i giorni il menù per sette figli. «La cosa più bella – pensa Tea – sarà tornare e vedere tutto con il punto di vista di un altro Paese, come se fosse straniero”. Con una sequenza finale struggente: lei è sotto un portico attraversato da ragazzi in skate-bord; rimasta sola confessa: «Mi troverò a chiamare casa un’altra strada dall’altra parte del mare».

La regista Anna De Manincor, ZimmerFrei con Massimo Carozzi, mago del suono, ci racconta come è nata questa bella docuserie, in proiezione oggi alle 20.30 nella sala virtuale della Cineteca di Bologna, #iorestoinsala. «ERT ci aveva proposto di lavorare sulle paure, dello straniero, di cambiare… Poi il fuoco si è spostato su migrazione, integrazione, nuova cittadinanza. Ne sono venuti fuori film sulla città e sulla città futura. Abbiamo scelto di coinvolgere anche ragazzi italiani per non arrischiarci in un lavoro di antropologia dell’altrove fatto sotto casa».

Il terzo episodio, “Abitare”, vede protagonista Filmon, eritreo, diventato cieco da ragazzino mentre giocava con una mina inesplosa. «Ora ha la laurea triennale in Scienze politiche ed è iscritto alla magistrale. È impegnato, intelligente, polemico», lo presenta la regista. Nel film lo vediamo in una squadra di baseball per ipovedenti. Poi ne seguiamo movimenti, attività, coscienza, con un discorso sull’accoglienza e la cittadinanza a cena, con un ragazzo italiano e con Bana, africana anche lei, ipovedente, ricciolona che si rivolge agli altri con un bolognesissimo «Raga!». L’episodio si chiude col giuramento per la cittadinanza, dopo la fine del lockdown.

“Saga” termina con “Restare qui”. La piccola Ada, che mal sopporta la reclusione in casa causa Covid, si arrampica sulle porte, pattina in corridoio, scrive la storia di Filmon. E infine sui tetti vede la città futura: si immagina adulta in una metropoli globale bellissima, minacciata da guerre e catastrofi.

Massimo Marino