Marianna Vecellio – Velvet – luglio 2007

Caspar David Friedrich

Le emozioni del luogo.

Un giovane collettivo di artisti racconta la Milano che cambia e scompare. E il rapporto impercettibile dell’uomo con ciò che ha intorno.

“Memoria Esterna” è un lavoro che il collettivo ZimmerFrei, composto da Anna Rispoli (’74), Anna de Manincour (’72) e Massimo Carozzi (’67) ha recentemente presentato a Milano nello spazio no profit Care of. Invitati a creare un lavoro su Milano, i membri di ZimmerFrei fanno il ritratto della città attraverso le testimonianze di chi ci vive. Il progetto parte da un’indicazione: raccontare un evento successo in un esterno di Milano. Non sono poste condizioni, ZimmerFrei si riserva la selezione dell’episodio. «Attraverso una rete familiare, conosciuta da chi ci ospitava», racconta Anna de Manincour, «abbiamo raccolto dichiarazioni che ci hanno permesso di ricostruire un’immagine inaspettatamente fragile della città». Ed ecco l’affetto per luoghi scomparsi come gli orti dei contadini tra le case di via Varesina o la palazzina borghese di via Correggio, che negli Ottanta era il centro dell’esperienza punk milanese. Il lavoro è in tre fasi: il confronto con la testimonianza; la registrazione accurata su supporto digitale; la ricognizione dei luoghi oggetto dei racconti, da cui ha origine il video definitivo.
Ciò che ZimmereFrei mette in luce è un’emotività nascosta, la stessa che hanno voluto raccontare in un altro video intitolato Why we came del 2006, nato dall’invito di Maria Rosa Sossai, curatrice del Man, il museo d’arte di Nuoro, alle residenze d’artista. “Why we came” esplora la durata temporale (e le sue intermittenze causate dall’intromissione di esperienze), lo spaesamento, la possibilità di riconoscere elementi familiari in contesti estranei. Proprio per questo non nasce da una partitura scritta, un plot o un canovaccio, ma si sviluppa a partire dall’ascolto del luogo e dal fluire della linearità del tempo. Il procedere è, come dire, segnato dalla visione dell’istante di profondità: il tempo della ripresa dura un giorno, la macchina ruota e segue il paesaggio che dischiude la sua emotività nascosta. Per chiarire gli intenti, Anna de Manincour ci parla di Kaspar Friedrich, dei paesaggi olandesi e fiamminghi, del rapporto impercettibile dell’uomo con ciò che ha intorno.
Ciò che è visibile e ciò che è solo percettibile. Ecco perché ZimmerFrei non ricostruisce un territorio lineare: semmai un viaggio fatto di improvvise immersioni, di indagini dentro tasche temporali in cui lasciare riposare la visione.

Marianna Vecellio