Lorenza Pignatti – Mutonia Temporary City – Alfabeta2 – Luglio 2013


In occasione della presentazione del documentario Il Campo, Anna de Manincor e Massimo Carozzi del collettivo ZimmerFrei ci raccontano Mutonia, insediamento della Mutoid Waste Company a Santarcangelo di Romagna

Come nei documentari Temporary Cities da voi realizzati, e penso a The Hill e Temporary 8th, girati rispettivamente nel quartiere popolare di Nørrebro a Copenhagen e nell’ex quartiere rom di Budapest, anche per Il Campo avete scelto un’unità di luogo, che non è solo un principio cinematografico ma anche un principio di realtà che determina un modo di essere e di abitare. Come è nato questo progetto, e come vi siete avvicinati a Mutonia fondata dalla Mutoid Waste Company a Santarcangelo nel 1991?

È stato un avvicinamento lento… La nostra troupe era estremamente leggera, formata da sole tre persone, abbiamo cercato di renderci invisibile per poter poter meglio narrare la quotidianità del campo mutoid. Quando più di un anno fa Silvia Bottiroli e Rodolfo Sacchettini ci hanno invitato a girare un documentario sulla città di Santarcangelo non sapevamo come avremmo potuto raccontare una città così piccola, che ha dimensioni territoriali molto diverse da quelle dei documentari da noi realizzati negli ultimi anni. Abbiamo passato un po’ di tempo a Santarcangelo e ci siamo resi conto che Mutonia è parte del tessuto urbano della città. Gli abitanti del campo si sono abituati a noi, alla nostra presenza. Anche se su di loro erano già stati girati diversi reportage, non avevano mai vissuto/condiviso la propria quotidianità con una troupe.
Non c’è stata una sceneggiatura prestabilita, abbiamo sempre visto e discusso il girato insieme agli abitanti del campo, in modo da non appropriarci del loro vissuto. Conoscevamo già Mutonia, la frequentavamo negli anni ’90. La differenza rispetto agli altri film della serie Temporary Cities è che abbiamo voluto dare maggior risalto alla parola e al racconto e non all’iconicità delle immagini. Stiamo ancora lavorando al montaggio, che subirà ulteriori trasformazioni. Quello che sarà mostrato sabato 20 luglio su grande schermo in Piazza Ganganelli di Santarcangelo è infatti l’esito di una prima versione del documentario prodotto dal Festival, che è ancora in progress».

Quanto l’esperienza del cinema, anche se in forma documentaria, è stata superata dalla realtà con l’ingiunzione di sfratto comunicata dall’amministrazione comunale?

Non ci siamo occupati della cronaca però è indubbio che l’ingiunzione che intende ridefinire il loro status di abitanti e l’usufrutto del terreno ha determinato dei cambiamenti. Ha sollevato delle riflessioni. Il campo Mutoid si trova ora ad un crocevia che potrebbe determinarne lo scioglimento o la rifondazione. Nato come accampamento temporaneo e comunità sperimentale nel 1991 quando il gruppo Mutoid Waste Company viene invitato al Festival di Santarcangelo per un progetto speciale che radunava artisti, scultori, costruttori e travellers internazionali della scena punk, cyber e post-industriale. Invece di ripartire alla fine del festival, i Mutoids rimangono a Santarcangelo di Romagna e il terreno in cui avevano allestito il loro spettacolo di sculture meccaniche e mutanti diventa il Campo dei Mutoid.

Il campo è una sorta di luogo di origine per un gruppo elettivo di persone… quanto la vita dopo l’apocalisse che tanto contraddistingue il loro immaginario e la loro iconografia è entrata nel vostro documentario?

Vorremmo ricordare quello che ci ha detto uno di loro: «i Mutoid sono quelli che in una situazione terminale sono i meglio attrezzati a sopravvivere». Una frase che ci ha colpito perché indica una condizione davvero unica, ossia quella di avere dentro di sé il proprio contrario. Mutonia è un luogo unico che però qui diventa normale. Una giornata al campo sembra una giornata in campagna, proiettata però in un contesto urbano. Sono stati in grado di attuare una riconquista del territorio reale e immaginario, dove la matrice post-industriale è contemporaneamente la fine e l’origine di un mondo.
Ad esempio a Mutonia lo sviluppo spaziale non è precostituito. Una casa viene costruita pezzo per pezzo in seguito alla nascita di figli o dall’arrivo di nuovi abitanti. Ciò che per loro è normale a noi sembra straordinario, e questo è importante perché ci permette di vederci con altri occhi e di ripensare al modo di vivere insieme… Le eccezioni come Mutonia vanno difese e salvaguardate.