La festa dei nuovi raccolti familiari, Family Affair apre Materia Prima – Lorenzo Cervini

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PAC Pane Acqua Culture – marzo 2022

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Davanti al Teatro Cantiere Florida di Firenze si riunisce un quartiere. Maestri e piccoli gruppi di studenti, nonni e vicini di casa aspettano l’entrata in sala. Sguardi ricercano tra le sedute parenti o amici incrociando qualche contorno conosciuto. Le mani salutano con emozione dal palco. Prima ancora che diventi buio, davanti all’immagine di un cortile sterrato, i bambini calciano un pallone.

In questa edizione del festival di Materia Prima di Murmuris si parla di famiglia. Primo appuntamento è Innesti, titolo della tappa fiorentina del progetto itinerante Family Affair di ZimmerFrei. Dal 2015 viaggia in Europa e in Cina alla ricerca di nuove dinamiche familiari da raccontare.

La performance si compone di diversi moduli narrativi: la videoproiezione, l’intervista documentaria, la voce fuori-campo, l’installazione sonora. I linguaggi sono combinati per corrispondere allo spazio a disposizione e per aderire come cupola ermetica alle storie familiari.
L’architettura tecnica è esposta in costruzione con i ponteggi montati: tre panche, un grande schermo, stand per microfoni, un tavolo su cui Anna de Manincor e Massimo Carozzi manovrano i video e le registrazioni audio.
Entriamo nelle case delle otto famiglie senza imbarazzo. Sfogliamo con le dita inumidite le pagine dell’album fotografico con le stampe lucide. I ritratti respirano: sono riprese fisse degli intervistati a occhi chiusi. Immersi nel loro contesto casalingo sono seduti sui materassi, sui divani e sulle sedie del soggiorno. Le finestre illuminano le librerie, le piante rampicanti sul balcone, la camera da letto nella mansarda.
Sul palco ci sono i nostri intervistati. Balzati fuori dai video negli stessi abiti, si alternano ai microfoni con grandi cuffie in testa. Le loro voci sono accompagnate dal complesso da camera degli utensili e degli abitanti del quadro domestico. Dal lavandino gocciola acqua, stoviglie sono organizzate negli scaffali, un gatto miagola.
Un titolo annuncia la tematica del capitolo e i componenti della famiglia, sullo schermo, si dirigono al microfono. Spalle alla platea, ripetono pezzi di un’intervista di cui non conosciamo le domande. La ripetizione di espressioni mature da parte di un bambino suona aliena ma all’ascolto di uno degli adulti localizziamo l’origine delle parole. Le registrazioni sono invertite, i figli interpretano i genitori, quest’ultimi i figli. Il capovolgimento del punto di vista fornisce una visione limpida di quali siano le connessioni parentali e la loro relazione affettiva.
La narrazione è episodica e rotea su una tematica comune: la costituzione di molecole familiari non tradizionali. Il riferimento botanico non è ristretto alla definizione del titolo: l’alterazione dei rami parentali genera nuovi e fertili raccolti.
Dai tronchi ingrigiti della separazione coniugale si ottiene una diramazione più alta e più verde, radici si distendono lontane dal nervo allontanando una coppia di fratelli, liane si separano da alberi in crescita come nella storia di due ragazze che si trasferiscono in Italia per cercare una vita di coppia libera. Come vero cespuglio, un uomo dona nuova giovinezza alla sua vita sentimentale in età avanzata.
«Non si sa se l’albero resisterà alla luce se non viene annaffiato in tempo», dice uno di loro.
Le loro voci ci portano per mano a visitare la nuova coltura boschiva. Un paesaggio che osserviamo con occhi nuovi, come una mamma e una figlia che si scontrano con una difficile condizione psicologica a seguito del lockdown. Nel centro, un’azienda agricola eretta con la fatica da generazioni di mezzadri; ai bordi di un’isola deserta, una madre sola che affronta la crescita di una bambina, ristrette nelle mura di casa.
Anche all’appesantire delle tematiche, l’atmosfera di sincero divertimento non muta. Family Affair è un progetto elastico: ZimmerFrei raggiunge la formazione di un gruppo eterogeneo di individui e comunica tale agilità nello svolgersi delle azioni sul palco. Il movimento è guidato ma spontaneo, in particolare tra i più piccoli che esibiscono con grande coraggio le direzioni registiche.
Non si percepisce tensione, al contrario la sfera di condivisione intima accoglie il gioco e l’onestà espositiva degli attori, che domandano la stessa apertura al pubblico  che li osserva. Le famiglie attraversano con naturalezza lo spazio, incontro fisico tra privato e cittadino, intimo e collettivo. Attraversamento che specchia le riprese, in cui osserviamo i movimenti quotidiani di un abitante.
Allargato a tutte le otto famiglie, sul palco questa intromissione esterna che si aggiunge ai soggetti al microfono è amplificata dalla ripetizione degli abiti dei videoritratti, continuazione visiva del clima domestico. Infine, è attraversamento emotivo del luogo immaginario della scena, che è totalmente assente con ruoli parificati tra osservati e osservatori.
L’utilizzo delle nuove tecnologie traduce al presente antiche modalità di trasmissione narrativa: è la tradizione orale dei nonni intorno al fuoco. Celebrazione primaverile (anticipata) di buon auspicio per i raccolti, Family Affair astrae e al contempo riduce al cuore quali siano gli elementi costitutivi di una comunità unita; i circoli più ristretti degli appartamenti per costruire un complesso abitativo di otto famiglie, con la volontà di raggiungere una più ampia risonanza della documentazione raccolta.
L’intera esperienza ricorda una festa di paese con le persone riunite nelle piazze. Nell’ultimo frammento tutti i diciannove intervistati si raccolgono intorno a una chitarra e a un violino. Questa dolce conclusione ci accompagna fuori dal quartiere fiorentino dell’Isolotto con una ripresa in movimento dalla strada. Sera inoltrata, solo alcune lampadine da tavolo sono ancora accese nelle stanze intraviste dalle finestre e sfiniti ma ricaricati di nuova vitalità ci apprestiamo all’uscita dal teatro, mentre chi è sul palco incontra i propri affetti per festeggiare.