Bruno Di Marino – Segnocinema – settembre 2008


Video e installazioni di ZimmerFrei
PANORAMICHE NEL TEMPO
Con i “panorami” e altri lavori, il collettivo di artisti si ricollega alla tradizione del cinema sperimentale.

Nel panorama italiano degli artisti che utilizzano il video, accanto ad installazioni visive e sonore, fotografie e quant’altro, il collettivo ZimmerFrei è indubbiamente tra i più stimolanti e innovativi. Composto da Massimo Carozzi, Anna de Manincor e Anna Rispoli, il gruppo bolognese coniuga diversi media in un continuo dialogo estetico, dettato anche dalla diversa provenienza dei componenti: se Rispoli ha una formazione soprattutto di performer, de Manincor oltre ad avere alle spalle un’attività performativa e coreografica si occupa in particolare della realizzazione e del montaggio video, mentre Carozzi è specializzato nella parte sonora, che riveste una importanza decisiva. Tra le più recenti incursioni di ZimmerFrei da segnalare l’affascinante installazione/performer musicale Everyday (The satellite seems a little further out of reach) allestita a giugno, in collaborazione con i ¾ HadBeenEliminated, per gli spazi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Per quanto riguarda la produzione video, da alcuni anni ZimmerFrei realizza lavori presentati sotto diverse forme – sia fruiti in gallerie e musei, che proiettati in sala -, caratterizzati da una struttura in parte narrativa e spesso basati su un dispositivo di cinematografia a tempo da loro brevettato, ovvero una base su cui viene montata la videocamera, che compie una rotazione di 360° in un’ora. Il meccanismo è stato adottato per girare la serie dei panorami, costituita per il momento da Panorama_Roma (2004), Panorama_Venezia (2005) e Panorama_Bologna (2005), ma anche video come Why we Came (2006) e il più recente The Colony (2007). Le panoramiche circolari che compongono questi video, sono realizzate in spazi aperti e registrano una serie di azioni compiute nell’arco di alcune ore, contratte in fase di editing a pochi minuti, grazie all’accelerazione delle immagini. Da un lato ci sono le variazioni luminose e meteorologiche, il passaggio dal giorno alla notte o dalla notte al giorno, o il viavai dei passanti che si trova casualmente incluso nell’orizzonte visivo; dall’altro vi sono vere e proprie micro-performance che, per essere registrate dalla camera, vengono eseguite con molta lentezza. La discrasia temporale, lo scarto tra due dimensioni che entrano in conflitto – lo scorrere naturale del tempo e quello artificiale dei performer che disseminano il video di piccoli eventi e suggestioni narrative – è una delle tante costanti dell’estetica di ZimmerFrei. C’è da dire che in questi esperimenti confluiscono e arrivano a sintesi ambiti espressivi diversi: le arti visive (il panorama come uno dei generi della rappresentazione pittorica), il cinema (in particolare quello basato sulla tecnica del time lapse, come i “landscape films” britannici degli anni ’70 o certo strutturalismo), il teatro e la danza (per una narrazione stilizzata di gesti e movimenti), la musica contemporanea (suoni, parole, rumori costituiscono un vero e proprio secondo livello narrativo). Interessante è anche il fatto che ZimmerFrei limita o annulla gli effetti di post-produzione elettronica. Tutto viene realizzato in diretta e tutto tende al piano-sequenza se non per alcuni stacchi sull’asse, con la visione di dettagli del luogo e soprattutto dei personaggi, che permette loro di creare scansioni linguistiche ma anche, più banalmente, di cambiare il nastro video. E’ per questa ragione che lavori come Panorama_Roma, con Piazza del Popolo trasformata in teatro dell’assurdo per alcune ore, o The Colony, set di un film di science-fiction, si avvicinano più alla tradizione del cinema sperimentale che a quella della “videoarte”, indipendentemente dal supporto su cui le loro visioni sono registrate. L’immaginario cinematografico ritorna di frequente nell’arte di ZimmerFrei: per esempio è al centro dell’installazione che hanno preparato per Manifesta, la biennale che si svolge a Trento, Rovereto e Bolzano: in questo caso gli artisti hanno associato vedute filmate in varie città europee a tracce sonore di film famosi. Particolarmente cinematografico, dicevamo, è il sottotesto di The Colony, ispirato al finto documentario di Herzog The Wild Blue Yonder ma che sembra alludere anche a film come Paris nous appartient di Rivette o La Jetée di Marker. I personaggi che appaiono nella solita panoramica circolare, allestita in una piazza di Atene, sono infatti una sorta di alieni che hanno tentato di invadere anni prima la Terra e attendono ora di essere riportati a casa. E’ forse casuale, ma le prime immagini del video – che di volta in volta viene musicato dal vivo – sono vedute fisse della capitale greca o particolari di grandi antenne, e ricordano l’incipit del cortometraggio di Marker, anch’esso incentrato su un viaggio nel tempo e nella memoria che un uomo è costretto a compiere spinto da alcuni sopravissuti a una catastrofe nucleare. Più vicino alla struttura del cortometraggio narrativo è inoltre Teenage Lightning (2006), indefinito viaggio concreto e mentale nella condizione giovanile, ma anche un lavoro “expanded” come Stone Money (2005), combinati con proiezione di diapositive, tutte opere che speriamo di vedere riunite presto insieme in una personale che consacri definitivamente il collettivo bolognese, magari nel 2009 in occasione del loro decennale.

Bruno Di Marino