Serena De Dominicis – Arte e Critica – settembre 2006

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Lost Highway
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Vertigo

Zimmerfrei. Poetiche del Tempo.

Performance, video installazioni, fotografia, ambienti sonori… è una creatività trasversale quella che anima ZimmerFrei. Per struttura,data la formazione dei tre componenti (Anna Rispoli, Anna de Manincor e Massimo Carozzi), sensibili agli interrogativi della scienza, della politica, attenti alle trasformazioni della realtà e alle sollecitazioni di certo tipo di letteratura e soprattutto di linguaggio cinematografico, l’ensemble si colloca in un interstizio ibrido tra musica, teatro e cinema che pure sembra avere un ruolo preminente nella loro produzione. Al di là del riferimento alla storia del cinema in sé (seppure lo sguardo vada di volta in volta ai fratelli Lumière o a Gus Van Sant, David Lynch, Antonioni…), ZimmerFrei indaga ogni aspetto della settima arte, dal procedimento produttivo alle qualità intrinseche del mezzo; si muove spesso con una troupe; si sofferma sullacapacità dell’arte cinematografica di creare interi universi, come sul ruolo dello spettatore esulle tipologie di fruizione – a questo proposito ricordiamo il recente Neverending Cinema/Cinema Infinitoalla Galleria Civica di Trento, un progetto per la realizzazione di set video, che prevedeva il coinvolgimento di artisti in residenza, e auspicava la partecipazione dei visitatori al processo di produzione a diversi livelli, dall’osservazione all’interazione alla condivisione.
Il primo lavoro di ZimmerFrei come gruppo risale al 1999-2000, quando nasce N.K. Never Keep Souvenir of a Murder, un film che si svolge su un doppio registro, dal punto di vista fisico quanto contenutistico, con due schermi opposti l’uno all’altro e sedute girevoli per gli spettatori cui è negata una visione complessiva, avendo a disposizione due diverse proiezioni, due differenti corredi sonori e due storie. Impossibile seguire entrambe contemporaneamente, ognuno è messo di fronte alla necessità di “scegliere” cosa, quanto e come, di riannodare il flusso delle immagini spezzato dalle condizioni di fruizione. “Avevamo in mente Vertigodi Hitchcock, il noir francese e i polizieschi americani. Subito dopo sono usciti in Italia Lost Highway e Mulholland Drive di Lynch, al quale il film sembra ispirato e invece ne è solo contemporaneo”, affermano a proposito. Un efficace gioco di scarti spaziali e temporali, la sfida della frammentazione e ricomposizione della pellicola, un’azione precisa sul cuore del dispositivo cinema, ovvero il montaggio, sottendono Visioni del tempo, ciclo realizzato tra il 2003 e il 2006. Kollaps, Quando, The passenger, Stereorama, Panorama, Gost of the house, Presente continuo è una serie in cui il Tempo – spazializzato, istantaneo, ubiquo, sospeso, permanente, compresso, sedimentato, contemplato, a voler riassumere – è il tema centrale dell’indagine del gruppo, l’elemento che scandisce la finitezza umana, un tabù universale, un motivo che permea anche la storia della video arte, quasi un classico. “Il video è tempo”, diceva Paik. Interrogandosi sulla qualità della dimensione temporale presente, ZimmerFrei propone una visione alternativa del Tempo come “spazio libero”, sorta di free zonein cui può accadere qualunque cosa, in opposizione alla nozione scientifica che lo vuole identità direzionata, grandezza vettoriale, cui siamo stati abituati.“Il tempo è troppo complesso perché la scienza se ne possa occupare. Per questa ragione preferiamo invocare delle visioni”, scrivono. Attingendo alla teoria dei binari temporali paralleli espressa da Philip Dick nei suoi romanzi e utilizzando spesso dei sosia, si attua l’ipotesi della coesistenza di livelli temporali diversi in un solo presente; la rinuncia alla messa in scena della narrazione cronologica conduce alla contrazione del tempo, per giungere alla creazione di universi altri, sorretti da leggi diverse. Effettivamente, ulteriori mondi possibili che coabitano e non si escludono vicendevolmente. Così Presente Continuo (2003) è il “collaudo di un dispositivo di visione”, la riduzione di un intero film (Lost Highway) in una schermata unica attraverso la selezione di vari frame; Quando, tra Roma, Bruxelles, Bologna, Genova, esibisce possibili varianti esistenziali che si attuano nella persistenza, per ognuno di noi, di canali di realtà parallele ma comunicanti.
Allo stesso modo il ciclo dei Panorami (2004/2006) si compone di accelerazioni e slittamenti, portando alla rappresentazione di realtà che fluiscono in dissonanza all’interno di uno stesso luogo. In essi vita reale e performance s’intrecciano suggerendo certi esperimenti di Zbig Rybczynski, elucubrazioni sull’essenza del reale.
In Why we came il tempo è palpabile come incessante trasformazione della realtà, come movimento inarrestabile palesato nel tête à tête tra l’uomo e la natura, risolto in un’estenuante lotta impari. Ancora una volta – vedi Kollaps– è la messa in scena di un tempo cosmico in cui lo spazio si fa veicolo dell’azione incontrollabile del Tempo che ci domina.

Serena De Dominicis