Massimo Schiavoni – Digicult – settembre 2005

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Stephen Hawking

E’ il tempo di Zimmerfrei

“Non mi interessa creare “oggetti d’arte” nel campo dell’eccellenza, della bellezza, della novità, della meraviglia…., ma proporre tempo e senso: modi di ascoltare il tempo, luoghi per condividerlo, pratiche per esercitare i sensi, modi per rintracciare il proprio senso. Avere la possibilità di lavorare nel campo dell’arte è comunque un grande privilegio: si accede al diritto di espressione e di attenzione. C’è la possibilità di mettere in comunicazione tutta la sensibilità, il pensiero, la paura, la tensione, l’intuizione, l’energia con la propria attività. E’ come vivere il doppio e nel pieno di una collettività.”
In queste poche righe la regista video e performer Anna de Manincor esprime un concetto chiaro ma contemporaneamente anche difficile da assorbire e digerire all’istante; tempo e senso sono parole chiave nella vita di tutti i giorni di un essere umano ma possono anche entrare in conflitto d’interessi sul piano della percezione. Tempo e senso abitano lo stesso ambiente, la stessa anima. Fino a quando l’attività artistica non ci mette di fronte ad una possibilità, quella dell’altro io, che ci predispone ad essere aperti e consenzienti
al nostro doppio quotidiano, ad un altro tempo in cui sono pregnati altri sensi. Quindi i sensi dipendevano, in un tempo non molto remoto, dai tempi e viceversa e i sensi erano proporzionali ai tempi in cui si rivelavano.
Con l’attività artistica del collettivo bolognese ZimmerFrei, formato tra l’altro da Anna Rispoli (regista teatrale e performer) e Massimo Carozzi (sound designer) andiamo al di fuori del tempo presente; come se il tempo non avesse una forma assoluta di manifestazione e misurazione. E lo si può riscontrare nella penultima istallazione performativa presente fino al 23 ottobre scorso presso l’attivissimo MAN, il Museo d’Arte Provincia di Nuoro e curata all’interno della collettiva video arte Modern Times dalla critica Maria Rosa Sossai: Panorama_Bologna, in cui la città di viene ritratta letteralmente impressionando il tempo come una sorta di Grande Fratello per regalare alla città frammenti di vita quotidiana. Si tratta di un video girato come un’unica e continua panoramica di 360° attorno alla quale il tempo e la luce scorrono velocissimi. Contro questo sfondo alcuni individui sembrano invece perdurare, e lasciano una traccia più vivida e definita, fino ad arrivare a moltiplicarsi nello stesso tempo presente e condiviso. Il set dura 12 ore e i cittadini, visitatori e transitanti della città di Bologna sono espressamente invitati a passare e sostare quanto più possibile in piazza del Nettuno, dove la videocamera-lancetta del tempo scorrerà senza interruzione, registrando e ritraendo ogni volto e ogni passo. Il suo scorrimento può essere percepito in modo molto diverso da esistenze diverse che coesistono nello stesso istante: in piazza del Nettuno il Tempo procede lungo binari non paralleli e due videocamere puntate sullo stesso campo registrano due diversi “presenti” che scorrono con velocità e densità diverse. Il lavoro rappresenta una dimensione quasi immateriale, quella del pensiero e dell’immaginazione; il tempo non è mostrato come sequenza di intervalli cronologici e lo spettatore non osserva immagini che rievocano la propria esperienza, ma qualcosa di puramente visionario, più simile a un processo mentale. Più tempo si ha da spendere – o da perdere – più si lascia traccia di sé (se si riesce a sostare con tranquillità fino all’immobilità), perché la dilatazione del tempo delle riprese viene trasformata in intensità della presenza attraverso l’estrema accelerazione del tempo nel montaggio. Panorama_Bologna materializza il desiderio di incidere il proprio segmento di tempo, intensificandolo e affondandovi con forza, immaginando di non temere la morte. Tempo che fugge dunque, fragilità delle “cose” umane, presente dilatato e sensi moltiplicati.
A novembre ZimmerFrei è impegnata in una residenza produttiva in Germania, divisa tra Francoforte e Berlino. La prima della versione tedesca della performance Quando è a Berlino giovedì 3 e venerdì 4 novembre prossimi nell’ambito della rassegna di teatro italiano Italienischer Theaterherbst in Berlin presso la sede del Sophiensæle, per poi approdare giovedì 12 e venerdì 13 novembre al Festival plateaux – new positions in international performing arts presso la sede del Künstlerhaus Mousonturm – Studio und Cristallobar.
La performance realizza uno dei nostri desideri: accedere a una dimensione temporale parallela in cui in questo stesso momento i nostri stessi corpi hanno altre vite e altri destini. Si svolge in diverse stanze adiacenti (stanze libere: zimmer frei) in cui i tre perfromer si raddoppiano e sono visibili contemporaneamente in più spazi. La loro presenza è moltiplicata anche dalla proiezione di diapositive a grandezza naturale, con i quali le azioni sono anticipate di pochi istanti o i movimenti lasciano le tracce, ma la moltiplicazione delle persone è reale, ognuno è presente due volte allo stesso tempo, in carne e ossa. Per questo il collettivo ha organizzato un casting e un laboratorio in Germania: cercare i loro sosia tedeschi (come li hanno trovati a Bologna, a Roma, a Genova e Bruxelles). Lavoreranno così insieme sfruttando al massimo le possibilità di visibilità e illusionismo degli spazi architettonici che gli vengono offerti, cercando di conoscersi a fondo, muovendosi identicamente ma conservando le loro assolute diversità di percorsi vitali, intenzioni, storie e destini.
“Spesso la gente dichiara di ricordare una vita passata; io dichiaro di ricordare una diversa, diversissima, vita presente”. È da questo pensiero dello scrittore di fantascienza Philip Dick – supportato dalle ipotesi scientifiche di Stephen Hawking e Paul Davies – che muove la coinvolgente performance del collettivo bolognese che indaga su mondi semi-reali, abitati da persone gemelle, esseri che riproducono se stessi nella speranza distratta di permanere, sviluppando una forma di risonanza reciproca.
I ricordi non riguardano il passato, bensì alludono ad un “altro” presente indicando un tempo parallelo. Suoni, corpi, proiezioni creano sdoppiamenti, sovrapposizioni, persistenze e slittamenti di figure, in un continuo biforcarsi di sentieri, che producono effetti di suggestiva ambiguità scenica.
Wann ≠ Wenn fa parte del ciclo di performance che indaga il Tempo e i suoi piani laterali, tangenti e sovrapposti. Nello spettacolo convivono due diversi presenti prossimi e gli interpreti di ZimmerFrei sono presenti in carne e ossa in entrambi, ma in vite separate e diverse. La continua trasformazione del futuro in passato rende infatti impossibile definire il presente, nel quale, del resto, noi viviamo. Quando dunque? Quanto dura il presente? E dove si trova? Non sappiamo da dove veniamo né dove stiamo andando: è adesso che il tempo ci incalza e ci manca. Di quante vite avremmo bisogno per vivere pienamente? E se stessimo vivendo contemporaneamente anche altre esistenze, in altri luoghi? Non lontano, ci sono le nostre altre vite, separate solo da cunicoli di tempo: non buchi neri di anti-materia, ma corridoi bianchi tra vite parallele o piccoli episodi di neghentropia in cui la stasi o l’inversione temporale sono possibili. La performance approda quindi in terra tedesca proseguendo la sua ricerca del doppio, del döppelganger, dell’ “altro me”. Così, la concezione vettoriale della storia entra in crisi, e il tempo diventa una zona.

Massimo Schiavoni