N.K., prima opera video di ZimmerFrei


Breve lettura d’evasione, per chi ama la storiografia e gli aneddoti.

Il titolo del film del due schermi è una doppia dedica: al film Vertigo di Hitchcock, dove James Stewart dice “Never keep souvenirs of a murder” a Kim Novak, ovvero la donna che visse due volte, e alla stessa frase nella pièce teatrale Crave di Sarah Kane, che morì suicida un’anno dopo, nel 1999.

Il film N.K. nasce nell’anno 2000 dalla nostra prima – non felicissima – esperienza teatrale, quando ancora non avevamo adottato un nome collettivo (stavamo valutando questo: Annapurna. Per poi scoprire che era già variamente in uso). Lo spettacolo si chiamava Sincronica ed ebbe una prima ai Teatri di Vita di Bologna nel 1999 e qualche sparuta replica (quattro? cinque?) in giro per l’Italia. Lo spettacolo aveva una scenografia totalmente sovradimensionata rispetto alle nostre capacità di distribuzione e consisteva in due identiche stanze d’albergo (e qui si spiegano tante cose), separate da un muro e occupate da due donne, l’una alla ricerca dell’altra, ma visibili contemporaneamente solo dagli spettatori.
La versione video dello stesso soggetto ebbe invece una certa fortuna e sicuramente una lunga filiazione. N.K. fu prodotto grazie al glorioso Festival Riccione TTV, che aveva intravisto in noi dei trasmutatori dalla scena al video, e il vecchio impenetrabile ETI (Ente Teatrale Italiano), il quale non aveva ancora capito che non eravamo una normale compagnia teatrale…
La prima uscita fu nientemeno che al Palazzo delle Esposizioni di Roma e la seconda all’Istituto Culturale Italiano di Londra, sempre all’alba del simbolico anno 2000. Per l’installazione ci dovemmo portare gli sgabelli girevoli dall’Italia, in aereo, perché affittarli a Londra sarebbero costati una follia.
Ed eccoci all’aeroporto di Forlì, appena aperto e di lì a poco subito chiuso, all’imbarco di un pionieristico volo low-cost in cui si potevano portare bibite, panini e lacche spray nel bagaglio a mano, quando Anna Rispoli si accorge di non avere la carta d’identità. O forse era scaduta? Scatta subito una scena drammatica mista a teatro dell’assurdo (“Ma non siamo in Europa? Se cammino oltre le Alpi e arrivo in Austria c’è forse qualcuno che mi chiede i documenti??”). Gli addetti della dogana furono però irremovibili: nessuno si sarebbe imbarcato con una patente sgualcita, cascasse il mondo.
Anna Rispoli rientrò dunque a Bologna per ripartire mestamente il giorno con un nuovo biglietto, cosa che allora ci mandava sul lastrico. Carozzi e de Manincor nel frattempo viaggiavano su un cab inglese accompagnandosi al “bitorzolone”, un imballo di cartone a forma di enorme fagiolo con dentro venti sgabelli dell’Ikea.
L’Ambasciatore venne a trovarci nella sala dove stavamo regolando le due proiezioni poco prima dell’opening e, senza guardarci in faccia se ne uscì così: “C’è puzza di sudato, aprite le finestre”, per poi dileguarsi e ricomparire solo per lo stappo dei vini spumanti di Valdobbiadene.
L’installazione comunque risultò perfetta, una fragile macchina a orologeria minacciata dall’incubo della sincronizzazione multicanale e noi stessi ci ritrovammo stupiti e orgogliosi della nostra creatura.
La mattina dopo nella caffetteria della residenza dell’ICI a Belgrave Square, scoprimmo chi era il vero ospite d’onore di quella settimana: un Nanni Moretti dalla faccia stropicciata che con la sua inconfondibile voce commentava le eccessive bolle nella schiuma del cappuccino.