Alessandra Franetovich – Intervista con Massimo Carozzi


Alessandra Franetovich, intervista con Massimo Carozzi – Notas Y Reflexiones, settembre 2017

 

A.F. Massimo la tua esperienza artistica è fortemente connessa al mondo del suono, inteso in senso piuttosto ampio. Da musicista, hai collaborato con importanti band della musica italiana, da sound artist hai realizzato lavori da solo come mappe sonore, e con il collettivo ZimmerFrei, assieme ad Anna de Manincor e Anna Rispoli, documentari composti di suoni e immagini. Ma tornando indietro nella tua memoria, secondo te, da dove nasce questo interesse per il suono?

M.C. In casa mia c’era un giradischi e mio padre aveva una bella collezione di dischi: musica classica, rock, jazz;  c’erano Ascension e Kulu Se Mama di Coltrane, dischi non scontati che esploravo ed ascoltavo leggendo le note di copertina. E un cugino più grande che ascoltava dischi chiuso nella sua cameretta; era il ’78 o il ’79, io avevo 11 anni, mi fece ascoltare i Devo, e Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols, con la chiave inglese di Autonomia Operaia scarabocchiata a penna sulla copertina. Mi sono formato ascoltando musica registrata. Qualche anno fa è morto Edgar Froese dei Tangerine Dream e qualcuno ha postato sulla sua timeline Aqua, uno strano disco pieno di effetti sonori bizzarri; ho avuto una sorta di deja vu, ricordando il momento esatto in cui a 7/8 anni lo ascoltai in cuffia sull’impianto di mio padre. Credo che il mio interesse per il suono sia nato esattamente in quel momento.

https://youtu.be/jNWF50faO0s

A.F. Prima del trasferimento a Bologna vivevi a Massa, città in cui ho vissuto e dove continuo a tornare spesso anche io. Al di là della retorica sulla città di provincia, industrialmente e culturalmente depressa (retorica ma anche verità), ti chiederei di raccontarmi invece cosa ha significato per te viverci ed entrare in contatto con personalità importanti per lo sviluppo della musica sperimentale italiana.

M.C. Negli anni 80, in una città di provincia i canali attraverso i quali sviluppare le passioni e le conoscenze erano pochi e limitati. Ma questa carenza sviluppava in chi aveva queste passioni una forte voglia di guardare fuori; ci si spostava in altre città, si leggeva molto, c’era una forte curiosità verso situazioni lontane, geograficamente e culturalmente.
Condividevo queste passioni con Alessandro Bocci, che entrerà a far parte degli Starfuckers, una band storica nel panorama della sperimentazione in Italia. Alessandro ebbe per molti anni un negozio di dischi, prima a Carrara e poi a Massa, che divenne un luogo di scambio e incontro per chi in quelle piccole città cercava musiche (e non solo musiche) diverse.

https://youtu.be/QNuM4mZFcTg

A.F. Riusciresti a scegliere il disco che ti ha cambiato la vita? 

M.C. Più che di un disco parlerei di momenti significativi nella mia vita di ascoltatore, momenti in cui ho ascoltato qualcosa che prima non esisteva, o qualcosa che ha cambiato il mio modo di ascoltare. Momenti simili sono stati l’arrivo dell’House Music e della Techno sul finire degli anni ’80; l’uscita di “94 Diskont” di Oval nei primi anni ’90; E l’aver assistito a una diffusione live di Luc Ferrari a Raum, a Bologna, nel 2004.

https://youtu.be/wn8mxzDYdbE
https://youtu.be/ly_8cCwzyT0

A.F. Con quale strumentazione realizzi le registrazioni?

M.C. Un registratore digitale e una serie limitata di microfoni.

A.F. Cosa significa per te realizzare registrazioni d’ambiente?

M.C. Significa inserire un tempo e uno spazio in una inquadratura, compresa fra il premere REC e poi STOP sul registratore. Questa inquadratura consente una contemplazione, che è data dall’ascolto. Attraverso il fissaggio su un supporto questi frammenti spazio-temporali possono essere dislocati in altri tempi e in altri spazi dando luogo ad altri ascolti. E’ questo che mi intriga nelle registrazioni ambientali, la possibilità di congelare un frammento di realtà e proiettarlo in spazi e tempi diversi.

http://notasyreflexiones.com/massimo-carozzi/